Nella notte del 2 luglio l’esercito israeliano ha lanciato una offensiva in grande stile contro la città di Jenin e il suo campo profughi- con migliaia di soldati e centinaia di veicoli militari – accompagnata da attacchi da elicotteri e da droni. Fino ad ora si contano 10 morti e centinaia di feriti. Almeno 3000 persone sono state evacuate senza però avere un rifugio. Questa è la maggiore operazione in Cisgiordania degli ultimi 20 anni. Inoltre i soldati impediscono qualsiasi intervento sanitario. I giornalisti vengono presi di mira e viene loro negato l’accesso al campo. Sotto gli occhi del mondo viene perpetrato un altro enorme crimine di guerra.
La propaganda israeliana con grande nonchalance ha parlato di “azione contro terroristi e contro l’Iran” e dice che Israele non ha intenzione di “occupare” la città, come se Jenin, Gerusalemme est e tutti i Territori Palestinesi non fossero sotto occupazione dal 1967. Dovendo affrontare la violenza senza fine dell’occupazione, l’accelerazione della colonizzazione e il furto della terra, le regolari incursioni militari e la violenza in aumento dei coloni, e tutto ciò in totale assenza di protezione della popolazione da parte dell’autorità palestinese e della comunità internazionale, un numero sempre maggiore di giovani palestinesi sceglie di difendere le proprie famiglie e i propri quartieri con le armi.
La inazione della comunità internazionale pur nella brutale occupazione durata già 56 anni è in parte responsabile di avere spinto questi giovani palestinesi verso la resistenza armata. Tuttavia, per essere chiari, un popolo sotto occupazione ha il diritto di resistere all’occupazione anche con la lotta armata (protocollo aggiuntivo alla Convenzione di Ginevra). E’ arrivato il momento che la comunità internazionale agisca per mettere uno stop alla sua non voluta complicità. Questa incursione nulla ha a che fare con il “controterrorismo” o con la “sicurezza” che Israele usa con retorica ingannevole per giustificare l’ingiustificabile. Anche se Israele come ogni paese ha diritto alla sicurezza. E’ assurdo rivendicare che la sicurezza di una potenza occupante con il più forte esercito della regione è minacciata da un popolo che resiste all’occupazione con mezzi rudimentali. Anche i Palestinesi hanno il diritto a sicurezza e protezione. E soprattutto le loro vite hanno poca importanza agli occhi del governo israeliano che è palesemente razzista e che implementa una politica di apartheid. Questa sanguinosa offensiva militare sembra proseguire senza una decisiva azione della comunità internazionale.
Quando una autorità responsabile non solo non protegge i civili sotto il suo controllo ma diventa responsabile di perpetrare gravi crimini, la comunità internazionale ha la responsabilità di proteggerli.
Chiediamo alla UE, ai suoi membri e agli altri paesi Europei di:
- Aumentare urgentemente la presenza diplomatica a Jenin per dimostrare che la comunità internazionale sta guardando
Provvedere protezione ai Palestinesi - Fare terminare il presente massacro e prevenire il suo annunciato sviluppo
- Usare tutti i mezzi, compreso l’embargo di armi e sanzioni per far pressione sul governo Israeliano affinchè si comporti secondo le regole legali.
Avete la responsabilità di evitare un altro crimine di stato come l’assalto violento senza precedenti al campo di Jenin nell’aprile 2002.
Gentile Ministro degli Affari Esteri,
Nella notte del 2 luglio l’esercito israeliano ha lanciato un’offensiva su larga scala contro la città di Jenin e il suo campo profughi – con un migliaio di soldati e centinaia di veicoli militari – accompagnata da attacchi con elicotteri e droni. Il bilancio attuale è di 10 morti e un centinaio di feriti. Circa 3000 persone sono state evacuate ma senza alcun riparo. Questa è la più grande operazione in Cisgiordania negli ultimi 20 anni. I soldati stanno impedendo l’assistenza medica. I giornalisti sono direttamente presi di mira e gli viene negato l’accesso al campo. Altri crimini di guerra vengono perpetrati davanti agli occhi del mondo.
Di fronte alla violenza senza fine dell’occupazione, all’accelerazione della colonizzazione e del furto di terra, alle regolari incursioni militari, alla crescente violenza dei coloni e alla totale assenza di qualsiasi protezione per la popolazione, sia da parte dell’Autorità palestinese che della Comunità internazionale – sempre più giovani palestinesi scelgono di difendere le loro famiglie e i loro quartieri con le armi.
L’inerzia della Comunità internazionale di fronte a 56 anni di brutale occupazione è in parte responsabile della spinta di questi giovani palestinesi alla resistenza armata. È giunto il momento che la comunità internazionale agisca, per porre fine alla sua involontaria complicità. Anche se Israele ha diritto alla sicurezza come qualsiasi altro paese, è un’affermazione assurda che la potenza occupante con l’esercito più potente della regione sia messa in pericolo dalle persone che resistono all’occupazione con mezzi rudimentali. Anche i palestinesi hanno diritto alla sicurezza e alla protezione. Soprattutto perché le loro vite hanno poca importanza per il governo israeliano che è apertamente razzista e attua la politica dell’apartheid. È probabile che questa sanguinosa offensiva militare continui se non c’è l’azione decisa della comunità internazionale.
Quando l’autorità responsabile non solo non riesce a proteggere i civili sotto il suo controllo, ma si sta anche trasformando in autore di gravi crimini, la Comunità internazionale, incluso il nostro Paese, ha la responsabilità di proteggerli.
Vi chiediamo di aumentare urgentemente la vostra presenza diplomatica a Jenin per dimostrare che la comunità internazionale sta guardando, per fornire protezione ai palestinesi, per porre fine all’attuale massacro e prevenire lo sviluppo annunciato.
Si prega di utilizzare tutte le leve a livello nazionale ed europeo, compresi l’embargo sulle armi e le sanzioni, per fare pressione sul governo israeliano affinché rispetti le norme del diritto internazionale. Avete la responsabilità di evitare un altro crimine di stato come l’attacco violento, senza precedenti, al campo di Jenin nell’aprile 2002.